Se aveste voglia di godervi una bella giornata, potreste indossare delle scarpe comode e fare una lunga passeggiata sulla pista ciclabile, una corsetta se volete. Vedreste probabilmente i fenicotteri nel bacino alla vostra sinistra, subito dopo il campo sportivo, e vasche del sale sulla destra. A un certo punto, una piccola salita, protetta dall’ombra di un eucalipto, in corrispondenza di un piccolo edificio sulla destra, segna il confine tra il territorio di Trinitapoli e quello di Margherita di Savoia, lì dove la cause (la cosa) diventa la cos e la cöse (la casa) trasfigura in la cas. Tutte le Saline al di qua di questo confine e fin sotto Zapponeta si trovano sul territorio trinitapolese. Si tratta di una porzione enorme. La figura qui sotto illustra meglio la situazione, ma se volete vi basta utilizzare Google Hearth.
Questo territorio è conosciuto (anche la porzione trinitapolese) come Saline di Margherita di Savoia e attrae molti turisti, i quali però sono sempre una piccolissima parte di quelli che potremmo ospitare se solo fossimo in grado di sfruttare il nostro tesoro naturalistico. Dico nostro, non a caso, come si vede dalla cartina, ma non intendo solo di noi trinitapolesi, bensì di noi abitanti di questo meraviglioso lembo di mondo che amano fare di ogni campanile una patria. Abbiamo questo spirito un po’ medievale che ci costringe ad attorcigliarci alle bandiere comunali, osteggiandoci l’un l’altro, per poi spalancare le porte agli stranieri ricchi. Quelli fanno affari con i nostri tesori e noi rimaniamo più o meno straccioni.
Che c’entrano gli stranieri? C’entrano eccome, visto che questa meraviglia della natura che sta un po’ sul territorio di Trinitapoli e un po’ su quello di Margherita non “appartiene” né ai trinitapolesi, né ai margheritani. Appartiene (attualmente) a una multinazionale francese che ne fa, in parole povere, ciò che gli pare. Com’è possibile? Perché i trinitapolesi e i margheritani non sono padroni a casa propria? Perché non ci è consentito, non solo mettere piede, ma neanche sfruttare commercialmente quella che potrebbe essere la più grande risorsa economica di sempre per le nostre comunità?
È una storia lunga, tortuosa, complicata. Ci vogliono gli avvocati per capirla. Anzi, a ben vedere, neanche gli avvocati sono d’accordo sull’interpretazione dei vari aspetti legali della vicenda. Qui, però, non mi interessa affrontare i cavilli (cosa noiosa ma indispensabile, e che se volete potete approfondire; Temi interpellanza Lega). Utilizzerò le lenti del comune cittadino, per illustrarvi di quale enorme potenziale la nostra comunità si priva da decenni, a tutto vantaggio della multinazionale di turno. Non badate per ora, quindi, al linguaggio poco tecnico: inquadriamo il fatto.
Storia di un monopolio
Le saline si trovano sul territorio dei due comuni ofantini, ma appartengono allo Stato. Sono immobili costruiti sul territorio comunale. Sono assimilabili a beni strumentali aziendali: sono, per capirci, come un capannone industriale privato su un terreno comunale. In questo caso, lo Stato è proprietario degli immobili (le vasche e le altre strutture) sul territorio di proprietà di Margherita e Trinitapoli, e chi detiene oggi questi immobili (ATISALE s.p.a.) paga l’IMU ai comuni di Trinitapoli e di Margherita. L’azienda un tempo era statale e produceva sale in monopolio (vi ricordate quando il sale si comprava al tabacchino?). Dopo le sciagurate privatizzazioni degli anni novanta, oggi l’azienda è privata, e produce utili che non vengono redistribuiti alla comunità, ma che vanno a finire nelle tasche del padrone. Che c’è di male?, direte voi. Niente, rispondo io: a me piaceva più prima, ma si sa che sono un nostalgico.
All’epoca delle privatizzazioni fu creata una società per azioni controllata dallo Stato, la ATISALE s.p.a. A questa società furono attribuiti tutti i cespiti che riguardavano la produzione del sale, compresa ovviamente la concessione senza la quale l’azienda non avrebbe avuto titolo per operare. Nel 2003 l’azienda fu venduta a privati. Cosa acquistavano di fatto questi privati? Essi acquistavano una società che poteva produrre sale nelle saline in virtù di una concessione statale. Ciò che è importante comprendere è che i privati non sono proprietari delle saline o del terreno: questi appartengono sempre rispettivamente allo Stato e ai comuni di Margherita di Savoia e Trinitapoli. I privati sono solo i concessionari del diritto di sfruttamento economico di quei beni al fine di produrre sale. Se domani decidono che si sono stancati, non possono vendersi le saline o le attrezzature o la terra, perché non appartengono a loro. Quello che possono fare è solo estrarre il sale, venderlo e guadagnarci.
Come si produce il sale? In soldoni, con un’idrovora (di proprietà pubblica) si estrae l’acqua del mare (che è di tutti), la si convoglia verso le saline (che sono dello Stato e si trovano sulla terra nostra), si sfrutta l’energia del sole (che è di Gesù Cristo) e si aspetta. Il sale si deposita sul fondo, l’acqua di scarto (l’acqua madre) viene fatta defluire altrove attraverso dei canali, sul fondo dei quali si depositano i famosi fanghi.
Ricapitolando: per mezzo di un’idrovora pubblica, pescando l’acqua di tutti, sulle saline dello Stato, con la terra nostra e con il sole di Cristo, quelli che erano già ricchi diventano ancora più ricchi. È bello il capitalismo! Proprio un’invenzione eccezionale. E le privatizzazioni? Che genialata! Però, se piace a voi…
Torniamo al racconto.
Già gli antichi sapevano che dalle saline non si produce solo il sale. Alcuni prodotti di scarto sono buoni per fare altre cose. Gli scarti del processo di produzione del sale sono le acque madri e i fanghi. Questi sono elementi straordinari di salute e benessere e vengono utilizzati per le cure termali. Il diritto di utilizzare questi elementi non faceva e non fa parte della concessione dello Stato (che consente esclusivamente di fare i soldi estraendo il sale). Difatti, lo Stato, ben sapendo tutto ciò, per fare soldi con fanghi e acque madri rilascia un’altra concessione, a un altro soggetto, che è l’unico ad avere diritto a sfruttare gli scarti di produzione. Sempre parlando col panino alla mortadella in mano, lo Stato dice: a te faccio estrarre il sale (ma non i fanghi) e mi dai dieci, tu invece puoi raccogliere i fanghi (ma non il sale) e mi dai cinque.
La concessione per l’utilizzo dei fanghi e delle acque madri per scopi termali e dermocosmetici fu attribuita dallo Stato al comune di Margherita cento anni fa, nel 1922. Il comune ottenne una concessione di 99 anni, rinnovabili ogni 25 (25+25+25+24). Per i primi venticinque anni tutto fila liscio, poi la questione si ingarbuglia. Tra un rinnovo e l’altro, tra un cambio di denominazione e l’altra, con in mezzo una privatizzazione controversa, interessi economici cospicui e un pizzico di responsabilità politica, è andata a finire che questo diritto, originariamente spettante al solo comune di Margherita di Savoia, è ora (e non da ora) in mano ai francesi.
Com’è accaduto?
L’azienda che produce il sale, dicevamo, si chiama ATISALE s.p.a. Quando nel 2003 ATISALE s.p.a. viene ceduta dallo Stato ai privati (Salapia Sale s.r.l., una cordata di imprenditori margheritani) succede un fatto strano e tutt’ora oggetto di controversia: questi concedono il diritto di sfruttare commercialmente acque e fanghi in esclusiva alla Terme di Margherita di Savoia s.r.l., di proprietà di un altro privato.
Ma come?, direte voi, il diritto di concedere lo sfruttamento degli scarti industriali non apparteneva allo Stato? Sì, lo Stato aveva concesso questo diritto al comune di Margherita di Savoia nel 1922; ciò nonostante i nuovi proprietari di ATISALE s.p.a. si considerano titolari del diritto e rilasciano a loro volta una concessione contestatissima. La tesi di ATISALE s.p.a. sembra essere che lo Stato avesse ceduto questa facoltà al momento della privatizzazione. Molti giuristi eccepiscono che beni come acqua marina e fanghi non possano essere privatizzati, a maggior ragione perché si tratta di elementi con proprietà e finalità terapeutiche. Altri giuristi sottolineano, che la cessione di un diritto del genere in monopolio sarebbe lesiva di ogni più banale norma sulla tutela della concorrenza, regolata in maniera molto stringente in ambito europeo e – oramai – anche nazionale. Di fatto, il caso di Margherita di Savoia è un unicum in Italia. In qualunque centro termale vi rechiate, troverete numerose strutture private che erogano servizi di salute e benessere; da nessuna parte sussiste una simile situazione di monopolio.
(Come ciò sia potuto accadere, e gli aspetti legali e di politica locale della vicenda sono illustrati meglio in questi link: il partito della Lega in Puglia ha rivolto un’interrogazione su questa questione al Presidente Emiliano nella quale la vicenda è esposta in maniera molto dettagliata: Link. Di diverso avviso l’ex sindaco di Margherita di Savoia avv. Di Benedetto: per chi ama gli approfondimenti: Link. Posizioni divergenti sono state espresse anche da esponenti PD: Link e di Fratelli d’Italia: Link)
Riprendendo le fila del discorso, quindi, sono stati alcuni imprenditori margheritani, all’epoca proprietari di ATISALE s.p.a., a dare le acque e i fanghi in monopolio a un altro privato. Dopo un po’, costoro vendono il controllo di ATISALE s.p.a. che, dopo un passaggio intermedio, finisce nelle mani di una cordata di imprenditori francesi (i quali a loro volta ereditano l’accordo di esclusiva con Terme di Margherita s.r.l. con scadenza 2029).
Ecco come le saline sono finite nelle mani dei francesi: gliele abbiamo date noi italiani, come la Gioconda.
Una commedia alla salinara
Detto questo, a mio avviso, la questione legale può restare in secondo piano. A me preme inquadrare la questione dal punto di vista della politica territoriale.
E da questa visuale, non si può non notare che la situazione è sconveniente. Di fatto, un territorio ricco di potenzialità è espropriato delle sue possibilità di sviluppo per assecondare i guadagni di pochi. Al momento, l’unico soggetto in possesso di fanghi e acque madri per fare affari è la società Terme di Margherita di Savoia s.r.l., in mano a un privato, in situazione di monopolio. Il fatto che ciò avvenga sulla base di un diritto (contestato) è secondario. Un monopolio per lo sfruttamento di beni che dovrebbero appartenere alla comunità è una distorsione che merita una correzione a prescindere dagli aspetti legali.
Un argine a questa distorsione avrebbe potuto essere eretto nelle ultime settimane.
Dopo tanti anni e numerosi proclami elettorali, era giunto il momento per i margheritani di rivendicare i propri diritti. Infatti, la convenzione con cui lo Stato aveva concesso al comune di Margherita lo sfruttamento di fanghi e acque madri del 1922 era in scadenza il 31 dicembre 2021. Senonché, come sappiamo, ATISALE s.p.a. rivendica per sé il diritto a concedere l’uso di queste materie, ritenendo che con la privatizzazione lo Stato sia stato espropriato della propria terra e della propria acqua. Si preannunciava una furiosa battaglia politica, all’esito della quale i cittadini di Margherita si aspettavano di rientrare in possesso dei propri diritti.
Che dite voi? È andata a finire come si aspettavano?
Macché!
Il consiglio comunale di Margherita ha autorizzato il sindaco Lodispoto a siglare un accordo con ATISALE s.p.a. e Terme di Margherita di Savoia s.r.l. con cui i privati concedono al comune di prendere qualche vasetto di fango e una damigiana d’acqua (o poco più).
Lo ripeto perché fa strano: I PRIVATI concedono al COMUNE!
Lo dico di nuovo: i privati CONCEDONO al comune!
Sì, signora mia, il mondo alla rovescia. La terra è nostra, l’acqua è nostra, ma lor signori CONCEDONO. Ai tempi di mio nonno questa storia finiva male. Ora è finita in commedia. Eh sì, perché i signori hanno concesso un po’ di terra e acqua ma vietando di utilizzarla a fini commerciali.
Siccome la realtà supera la fantasia, è meglio virgolettare qualcosa.
I privati concedono una miseria, dicevamo, e in cambio (in cambio dell’umiliazione qualcosa la dovevi pur dare, mica ti vorrai far umiliare gratis!) il comune di Margherita di Savoia si obbliga a:
“non utilizzare acque madri e fanghi per uso termale e terapeutico”;
“non utilizzare, come già previsto dalla normativa vigente, i termini «terme», «termale», «acqua termale», «fango termale», «idrotermale», «thermae», spa (salus per aquam)»
“di prevedere in ogni atto – di qualsiasi natura giuridica – strumentale alla successiva cessione in titolarità o godimento di terzi delle acque madri e dei fanghi, l’impegno del terzo cessionario nei confronti del cedente Comune di Margherita di Savoia e delle Terme di Margherita di Savoia s.r.l. di non utilizzare le acque madri e fanghi ricevuti dal Comune per uso termale e terapeutico e di non utilizzare la terminologia indicata all’articolo 3 lettera b) del presente accordo”.
Cioè…
- – Il fango e l’acqua te li do, ma tu non li puoi usare per le cure idrotermali.
- – E che me ne faccio allora, scusi?
- – La lotta nel fango delle fotomodelle e poi le fate sciacquare davanti a tutti con le acque madri, ché le madri fanno tanto MILF.
- – Ah, ho capito! Dove devo firmare?
Aspe’…
- – È vietato dire terme, termale, acqua termale, fango termale, idrotermale e spa.
- – E come li dovrei chiamare, scusi?
- – Eau de fogn e melm de merd.
- – Mmm, che nomi accattivanti! Dove devo firmare?
Un’ultima cosa…
- – Se per caso le vendi, devi dire a chi le compra che non si azzardasse a utilizzarle per fare le terme o i cosmetici o la spa.
- – Ma se non possono utilizzarli per fare ciò a cui sono destinati, chi è questo che se li compra?
- – Ne’… Non si sa mai. Tu la firma l’hai messa. Che ne sai che un domani, uno come te non lo trovi pure tu?
Non ridete. È successo davvero.
La situazione di Trinitapoli – Prospettive di integrazione territoriale
Se ancora state ridendo dei salinari smettetela, perché noi trinitapolesi stiamo messi molto peggio. Loro almeno hanno avuto l’intuizione delle potenzialità del business termale cento anni fa. Noi? Perché noi non siamo dentro questo business?
La risposta è semplice quanto l’acqua madre: perché nessuno ci ha mai pensato seriamente.
Trinitapoli nel corso dei decenni passati ha fatto delle scelte politiche di carattere strategico molto precise, strutturate sulle esigenze di una comunità dall’economia essenzialmente agricola, bisognosa di servizi e urbanizzazione. Nel nostro DNA c’è la terra e il desiderio di emancipazione delle giovani generazioni. Coloro che ci hanno preceduto lavoravano nelle condizioni di concretezza e pragmaticità tipiche delle comunità che devono emergere dalle ristrettezze. Bisognava badare all’essenziale. Una classe politica che, col senno di poi, si può definire accorta ha attuato, pur tra mille difficoltà e intoppi, opere decisive. Trinitapoli negli anni sessanta era un paesello completamente diverso dalla cittadina che è oggi: scuole, asili, mercati, canalizzazione fognaria, zona 167, biblioteche, urbanizzazioni, museo. Solo pensare alla rete del gas e alla creazione di Tribigas e Bitrigas dà la misura della capacità di chi ci ha preceduto di intravedere gli sviluppi a lungo termine della comunità.
Ritengo che oggi i tempi siano maturi per un cambio di passo, uno slancio progettuale orientato verso la creazione di polo turistico integrato e solidale, che abbandoni per sempre obsolete logiche campanilistiche e affronti i problemi per quello che sono: problemi del territorio. Da soli contro il grande capitale non ce la facciamo.
È di qualche giorno fa l’annuncio che il Consiglio dei Ministri ha definitivamente dato l’avvio all’operazione Bolkestein. Le concessioni balneari scadranno nel 2024 e molti titolari di lidi non potranno rinnovarle perché soppiantati dalla potenza economica dei ricchi investitori. Molti margheritani rischiano di vedere le loro famiglie sul lastrico se non si trova un’alternativa. Il settore termale potrebbe essere per loro e per noi trinitapolesi uno straordinario salvagente socio-economico. Se davvero si dovrà rinunciare a parte della gestione «familiare» delle spiagge in concessione, se davvero la linea sarà dettata da nuovi padroni provenienti da chissà dove, una sinergia programmatica tra le due comunità, in ottica solidaristica e di espansione, è fondamentale. Si deve impedire che il rispetto delle regole europee in materia di concorrenza sleale si trasformi in un esproprio forzato di piccoli e medi imprenditori locali, senza contropartita. La concorrenza è un valore? Bene, lo sia fino in fondo. Una situazione di monopolio su fanghi e acque madri come quella attuale non è più tollerabile, soprattutto se tra un po’ in nome della concorrenza si toglieranno i lidi ai margheritani per darli ai paperoni stranieri.
Trinitapoli ha interesse e deve impegnarsi a sostenere quei cittadini di Margherita di Savoia che si sentono espropriati del proprio diritto a godere dei beni che gli appartengono. Il diritto ad utilizzare fanghi e acque madri deve tornare ai cittadini di Margherita. I trinitapolesi devono far sentire la propria voce al loro fianco. Al contempo devono pretendere che la battaglia diventi comune. Le sorti delle due cittadine sono legate sotto moltissimi aspetti. Il destino di queste comunità, fra chissà quanti anni, è quello di un moderno sinecismo (l’unificazione di entità politiche precedentemente indipendenti in un’unica città). Il fatto che questo avvenimento potrebbe essere molto lontano nel tempo non può dissuaderci dal pensare agli interessi dei nostri figli e nipoti. La zona umida va valorizzata al meglio e in tutte le sue componenti. Grazie a questa meraviglia naturalistica si può contribuire a costruire il rilancio economico e sociale del territorio. Siamo sulla stessa barca e dobbiamo aiutarci.
Se a Margherita la situazione è bloccata da un accordo capestro che monopolizza lo sfruttamento dei fanghi e delle acque madri, potrebbe essere Trinitapoli a pretendere la concessione per lo sfruttamento delle materie prime provenienti dalle saline (non ci sono solo acque madri e fanghi, c’è anche l’artemia salina e il turismo naturalistico). Gli imprenditori margheritani devono avere la possibilità di contrastare il grande capitale e se la situazione a Margherita è bloccata, è Trinitapoli che deve darsi da fare (ha interesse a darsi da fare).
Anche Trinitapoli ha diritto alla concessione? Certo!
Le saline sono di Margherita? No. Le saline sono dello Stato.
Le saline si trovano solo a Magherita? No. Le saline stanno per la maggior parte sul territorio di Trinitapoli.
Non c’è una sola ragione per cui Trinitapoli non possa chiedere e ottenere gli stessi diritti ottenuti da Margherita nel 1922 per lo sfruttamento commerciale di acque e fanghi. E al comune di Trinitapoli nessuno può opporre i mille cavilli che affliggono Margherita. Oltre a sbloccare una situazione cristallizzata, questo potrebbe portare a interessanti sviluppi imprenditoriali anche per investitori margheritani che vogliano puntare su tutto il territorio, secondo una visione “olistica” a mio avviso imprescindibile, soprattutto considerando che la situazione dei lidi tra qualche anno potrebbe essere molto diversa dall’attuale.
L’azione dei due comuni in ambito turistico, insomma, non può che essere sinergica, pena la sconfitta. Il campanilismo è deleterio e va superato. Sullo sviluppo di un turismo idrotermale avanzato, i margheritani e i trinitapolesi devono avere le proprie carte per giocare.
Dobbiamo riprenderci ciò che ci appartiene.