Il Peperoncino Rosso intervista Arcangelo Barisciano sull’attuale situazione politico-amministrativa. L’ex sindaco di Trinitapoli, capogruppo del Movimento dei Cavalli in Consiglio Comunale, chiama a raccolta tutti coloro che non vogliono lasciare in eredità ai giovani una Trinitapoli peggiore di quella che ci è stata consegnata dai nostri padri.
Come vedi Trinitapoli oggi? Trinitapoli non ha mai conosciuto un periodo così oscuro nella sua storia: una regressione senza precedenti, un declino tanto rapido quanto doloroso che sta investendo la qualità sociale della nostra comunità, compresa la sicurezza, le attività produttive smantellate, reddito calante e in rapido peggioramento anche a causa dall’emergenza del coronavirus.
Situazione generata non solo dalla politica amministrativa al Comune; per quella i fatti si sono incaricati di smascherare l’inganno della rinascita trinitapolese e le menzogne del Sindaco sui presunti debiti lasciati in eredità dalle passate Amministrazioni, nel goffo tentativo di scaricare sulla preistoria le sue conclamate responsabilità.
La Corte dei Conti, infatti, ha chiesto stringenti misure correttive sui rendiconti approvati trionfalisticamente dalla Amministrazione Di Feo negli anni 2012, 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017 mettendo in luce una gestione dei conti non certamente regolare nonostante la tassazione comunale dal 2012 viene mantenuta al massimo della imposizione.
Ciò che brucia, piuttosto, è l’imbarbarimento, il degrado etico nella vita politica accompagnati da una blasfema professione di fede cattolica millantata con ostentazione cinica e la spregiudicatezza amministrativa che stanno oltraggiando la storia e il prestigio di Trinitapoli a cui il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, conferì, su proposta del Ministro degli Interni, il titolo onorifico di città per le caratteristiche culturali, storiche, economiche e sociali che sono i requisiti richiesti per la concessione del prestigioso riconoscimento.
Eppure, la compagine che sta ancora governando il Comune è stata rinnovata in larghissima parte, personifica il cambiamento…, ma solo nelle facce che sono più giovani; i metodi e lo stile, però, sono l’espressione della vecchia clientela, della simonia dei privilegi, dell’arbitrio e dell’arroganza, dell’improvvisazione amministrativa e, soprattutto, questo nuovo che orgogliosamente rivendica la sua discontinuità rispetto al passato, sta esprimendo un vuoto spaventoso di idee e progetti.
Cosa è successo? Quale sortilegio ci ha colpito?
Diciamoci la verità: gli intellettuali, la classe dirigente, chi esercita la vigilanza etica nella comunità sono rimasti silenti, indifferenti, nella speranza dell’auto palingenesi della città; nessuna voce di indignazione si è levata rispetto all’agire politico triviale. Troppo spesso si è girata la testa dall’altra parte indulgendo, con l’indifferenza, nella tolleranza di pratiche spregiudicate di cattura del consenso a fini di acquisizione di potere che umiliano il valore della correttezza e della coerenza considerandole orpelli fastidiosi, superati dal rampantismo che sta corrodendo i legami e le ragioni della coesione sociale.
Ci si deve rassegnare allora ad un declino inarrestabile della nostra comunità?
NO! Penso sia arrivato il tempo che le forze culturali, imprenditoriali, sociali e politiche, coloro che esercitano l’autorità morale, le forse sane e vitali si mettano alla stanga per formulare idee e progetti, disegnare il futuro e dare un’anima al presente.
La coalizione che amministra il nostro Comune non è la destra liberale che pure governa tante realtà in Italia, ma nostalgica e tenuta insieme solo dal carrierismo. Dopo svariati cambi di casacca è diventata una sorta di monocolore di Fratelli d’Italia avendo perso Forza Italia e pare anche la Lega. Le forze progressiste e del cambiamento nel 2016 hanno peccato di presunzione e commesso l’errore di dividersi. Non deve più accadere.
Occorre sconfiggere la mercificazione del consenso elettorale, ritrovare il senso di appartenenza e preparare una classe dirigente che sappia allargare lo sguardo verso un orizzonte valoriale. Vanno ricercati anche al di là del recinto delle forze progressiste, coloro che accomunati dall’etica prepolitica dell’onestà, quella senza se e senza ma, sentono di spendersi per la propria città, che non vogliono vederla ripiegata su se stessa.
Le diverse militanze e la multiculturalità politica non possono più essere un ostacolo al confronto, alla collaborazione, ma una risorsa preziosa se vengono accompagnate dalla curiosità, dalla sensibilità di farsi contaminare anche da solidi principi etici, dalla freschezza di altri visionari che, con spirito di servizio, perseguano il superiore interesse e facciano riscoprire il valore e l’orgoglio di vivere in una città al passo coi tempi.
I giovani non devono rassegnarsi all’ineluttabilità, all’assuefazione, si devono impegnare e reagire creando un ponte con i coetanei che sono andati via, come stimolo a migliorarsi scambiandosi esperienze, speranze e chiamando a raccolta i casalini sparsi per il mondo che rivestono anche ruoli prestigiosi, per raccogliere spunti, riflessioni, suggerimenti, analisi sulle prospettive di sviluppo non solo economico: un laboratorio permanente di idee per non farsi rubare il futuro dal degrado.
Impegnarsi in un difficile, ma non più eludibile confronto e concertazione con le realtà municipali viciniori; non è più pensabile immaginare il futuro senza superare gli stupidi ed esasperati campanilismi: in un’Europa sempre più integrata e nel mondo globalizzato è indispensabile, come si usa dire, ‘pensare globale ed agire locale’ per evitare la marginalità ed acquisire forza negoziale.
L’intuizione del Patto Territoriale, dell’Unione dei Comuni, etc., di alcuni anni fa è stata mortificata e disinvoltamente smantellata. E’ una necessità che deve diventare la stella polare e consapevolezza per i cittadini dei nostri territori. Certo, non si può ignorare la pesante crisi economica e sanitaria che ha messo in discussione i vecchi paradigmi dello sviluppo e che ha investito anche il nostro territorio anche se in misura meno drammatica che nel resto del Paese. Ma, è quando c’è la crisi che serve aguzzare l’ingegno e raddoppiare la vitalità, rovesciando la prospettiva.
La crisi può delineare nuovi scenari e stimolare la crescita?
Sì! perché nei momenti di crisi viene messa in campo la voglia di fare, si cercano nuove formule di impegno. Il motore del cambiamento sta nella ricerca di nuove soluzioni che trasformino le debolezze in punti di forza, stimolando la creatività e lo scambio interpersonale.
Ce la possiamo fare; abbiamo dimostrato di saperlo fare in altri momenti, ad esempio con il miracolo del dopoguerra che fu anche intellettuale. Non dimentichiamo i protagonisti di allora: la plastica di Natta, il computer dell’Olivetti prima degli americani, il satellite di Broglio del primo paese europeo nello spazio, l’Istituto Superiore di Sanità con tre premi Nobel, e poi Mattei, Ippolito, Amaldi e ancora cinema, arte, letteratura di rango internazionale e la riforma della scuola media unificata.
Se abbiamo saputo realizzare tutto ciò quando eravamo un Paese povero, distrutto dalla guerra e quasi analfabeta, possiamo fare meglio oggi che siamo un Paese ancora ricco e con una gioventù molto più istruita che deve avere la capacità di sognare non disgiunta, però, da una solida competenza.
Uniti e compatti, allora, tiriamo la fune per un nuovo miracolo, chiamiamo a raccolta tutti coloro che sentono il sacro fuoco dell’impegno civico per evitare di consegnare in eredità ai nostri figli una Trinitapoli peggiore di quella che ci hanno consegnato i nostri padri. Questo è un dovere di generosità nei confronti della città che ci ha dato i natali consapevoli che non c’è più tempo. Il tempo intorno a noi è in tumulto e noi siamo paralizzati dall’immobilismo.