Il consiglio comunale del 28 settembre scorso è stato squallido. Non tanto per ciò che si è detto: si sa che il dibattito politico può facilmente trascendere quando gli animi sono accesi. È quello che non si è detto che genera al contempo ripulsa per il presente e paura per il futuro. Dopo sette ore di urla stridule, belluine, accuse e infamie, colpi bassi e bava alla bocca, odio che trasudava da tutti i pori, ho avuto voglia di chiamare qualcuno che mi criticava per essere stato uno dei protagonisti del celebre video finito su Striscia la Notizia. Avrei voluto dirgli: «E non erano meglio le sedie?».
Se non ve lo ricordate, lo metto qui, così vi rinfrescate la memoria.
Era la primavera del 2016. Stavamo cercando di mettere d’accordo Annamaria Tarantino, che voleva fare il sindaco, e Arcangelo Barisciano, che voleva… vabbe’ ma che te lo dico a fare. La discussione ricalcava il solito canovaccio alla Marchese del Grillo: «Io sono io e voi non siete un cazzo».
Di punto in bianco, un appartenente alla corrente di Barisciano, comparso dal nulla, mandò letteralmente a fare in Jennifer Lopez la Tarantino. Colto dall’indignazione (ancora amo quella parte di me che si incazza) mi sollevai, puntai il dito e gridai: «È inaccettabile». Si alzarono tutti comprese le sedie, la riunione fu interrotta e l’accordo non si fece più, esattamente come voleva Barisciano.
Erano ancora tempi in cui in questo paese si prendeva posizione di fronte all’arroganza e alle aggressioni. La maleducazione scandalizzava e ci indignava l’ingiustizia, la violenza gratuita, la contumelia che getta discredito. Erano tempi ancora quasi cavallereschi, nei quali se un amministratore pubblico subiva un attentato (lo dico ai più giovani: sì, i criminali ci sono sempre stati) riceveva le attestazioni di solidarietà di tutti.
Perché c’è un limite in ogni battaglia politica e quel limite è la decenza. Quando quel sostenitore di Barisciano la voltò a Spigolatrice di Sapri contro la Tarantino, io mi indignai e reagii. E la Tarantino non ci trovò nulla di strano.
Non è passato molto da quel 2016, ma sembrano secoli.
All’inizio dei lavori consiliari il sindaco ha fatto una comunicazione a dir poco sconvolgente. Il 24 settembre, l’amministratore della Tribigas, il dottor Pasquale De Lillo, è stato vittima di un atto intimidatorio molto grave: gli hanno incendiato la macchina sotto casa. Le fiamme hanno raggiunto il secondo piano, due portoni sono stati inceneriti, l’auto completamente distrutta.
De Lillo è dimissionario, è stato al centro del dibattito politico e degli attacchi in consiglio comunale da parte dell’opposizione che ne ha chiesto la revoca. Ne ho già parlato nell’articolo Si gioca al ribasso, dove ho rappresentato le mie molte perplessità e ho posto (a Barisciano in particolare) dei quesiti rimasti irrisolti. Dal punto di vista della visibilità politica, insomma, De Lillo è l’uomo del momento. E proprio nel momento di sua massima esposizione, egli subisce tutto questo.
«Fioccheranno le manifestazioni di solidarietà e le attestazioni di vicinanza», mi sono detto.
Macché! Silenzio assoluto. Tombe a cielo aperto.
«Possibile che nessuno dica niente?»
Sono andato sulla pagina Facebook di Libera Trinitapoli alla ricerca di un comunicato stampa di solidarietà a De Lillo e di ferma condanna dell’attentato. Non l’ho trovato. In compenso ho trovato: Manifesto di lutto per l’anniversario della morte di Libero Grassi, Nastro a lutto e condoglianze a un consigliere comunale, Nastro a lutto e condoglianze a Gino Strada, Anniversario Hiroshima e Nagasaki, Anniversario strage di via D’Amelio, Nastro a lutto e condoglianze a una candidata, Solidarietà a Patrick Zaki ingiustamente detenuto in Egitto, Anniversario della morte di Peppino Impastato (con striscione dietro che dice: «Il silenzio è mafia», azz!), Condoglianze a Franco Battiato, Nastro a lutto e condoglianze a un altro consigliere comunale, e così via. In mezzo in mezzo, qualche manifesto (sempre poco allegro, diciamo) e soprattutto un post tremendista dal titolo: +++Trinitapoli: torna l’incubo COVID+++.
A quel punto mi sono grattato e ho smesso di cercare la solidarietà a De Lillo.
Cosa diavolo è accaduto a questi politici per trascendere in questa indifferenza che trasuda livore?
Quando questo tipo di intimidazioni sono capitate ad altri essi avevano manifestato sdegno, avevano espresso solidarietà e avevano condannato le azioni criminali. Quando la Tarantino è stata insultata pubblicamente da un sostenitore di Barisciano, io mi sono indignato e mi sono levato in sua difesa incurante delle conseguenze. Quando un suo collega politico pronunciò insulti sessisti contro di lei, io e molti altri prendemmo le sue difese, indifferenti alla fazione politica a cui apparteneva.
Anche Barisciano che dovrebbe avere esperienza non ha fatto sentire la sua voce. All’ultimo consiglio comunale potevano salvarsi in corner. Avevano la possibilità di condividere la solidarietà espressa dal sindaco anche in nome dell’amministrazione, ma non l’hanno fatto, accecati da una furia polemica mai vista. Silenzio assoluto anche da parte di tutti gli altri consiglieri.
Che lo pubblicate a fare Peppino Impastato se poi state tutti zitti?
Cosa siete diventati?
Ci sono valori assoluti che non possono essere dimenticati o barattati, bisogna ricordarsene sempre, anche nei momenti più difficili.
Lo ripeto a distanza di tempo, ma questa volta senza dito puntato e urla di protesta, ma come una preghiera, un invito a respirare, a ragionare, a fare pace innanzitutto con la propria coscienza, a prendere atto degli errori commessi e dei risultati elettorali.
La politica viene dopo. Un attimo dopo. Prima viene l’umanità.