La questione ambientale a Trinitapoli richiede una rivoluzione culturale
Dopo il mio ultimo articolo pubblicato sul blog del Peperoncino (ARIAMARA), accanto alle manifestazioni di consenso sono giunte le critiche.
Lo scontento maggiore riguarda il fatto che nell’esporre la questione ambientale avrei attribuito ogni responsabilità ai cittadini e nessuna all’amministrazione comunale.
Si sostiene che l’amministrazione, a causa della propria inefficienza, sarebbe corresponsabile degli incendi che da ormai molti anni appestano l’aria di Trinitapoli con cadenza quasi quotidiana. Al sindaco Losapio e ai suoi assessori andrebbero ascritti anche sporcizia delle strade, inciviltà varie per violazione del codice della strada, inadeguatezza del servizio di polizia municipale, fenomeni dai critici tutti accomunati nell’unico omnicomprensivo fascicolo chiamato «incapacità amministrativa».
A me sembra che queste critiche siano, almeno per il momento, infondate.
Rivoluzione culturale
La nostra comunità – soprattutto la parte più giovane di essa, quella più attenta per «diritto generazionale» alle tematiche ambientali, ma anche quella più anziana che per decenni ha sviluppato un dibattito politico che di tali temi non ha tenuto conto – deve prendere atto che se vuole sopravvivere deve mettere in atto una rivoluzione culturale.
La politica può e deve occuparsi di molte cose, ma non può incidere proprio su tutto. Una macchina parcheggiata di fronte allo scivolo dei disabili è una questione di civiltà e di umanità, non è propriamente una questione politica. Una buona amministrazione fa certamente in modo di sanzionare il trasgressore, ma non gli può impedire di comportarsi male. Nel frattempo, il disabile in carrozzina deve cambiare strada, se può.
Una bottiglia di birra spaccata e lasciata all’ingresso della scuola non è precisamente una questione politica, è una sconfitta educativa, un vandalismo di fronte al quale una buona amministrazione può e deve ripulire. Ma non basta, perché senza educazione il giorno seguente siamo punto e a capo.
Incendiare gli scarti agricoli o dare fuoco alle stoppie o ai rifiuti è un retaggio culturale barbarico che ci portiamo dietro da decenni e sul quale l’amministrazione può e deve intervenire, ma solo con costi elevati in termini di risorse economiche e umane. La nostra comunità è disposta a questo sacrificio economico? Non sarebbe meglio che queste cose semplicemente non avessero luogo?
È mia convinzione che noi cittadini dobbiamo ritenerci i primi responsabili della tutela delle regole di civiltà primarie. Senza educazione, non ci sarà alcuna amministrazione in grado di invertire la rotta. Respireremo fumi tossici per anni se non facciamo sentire sui piromani il peso dell’indignazione di un’intera comunità.
In quest’ottica, le critiche che mi sono state rivolte di essere stato troppo «leggero» nei confronti delle responsabilità dell’amministrazione comunale sono fuori fuoco. Sui temi della convivenza civile deve essere sensibilizzata la popolazione prima di tutto. Le responsabilità dell’amministrazione ci sono, ma non precedono, bensì seguono quelle di ciascuno di noi come parte di una comunità. Ciò non significa essere indulgenti con chi ha la responsabilità di governare, il quale anzi deve attivarsi con molta più incisività, anche solo con i mezzi già a disposizione.
Qualcosa certamente può essere già fatto con facilità: ordinare ai possessori dei fondi di tenerli puliti, per esempio. Monitorare gli spazi pubblici alla ricerca dei trasgressori e infliggere sanzioni esemplari. Fare rispettare il codice della strada: ci vuole poco e su questo l’amministrazione è certamente carente. Non accettare alcuna forma di inquinamento ambientale, acustico e luminoso: siamo diventati la terra dei roghi, dei fuochi d’artificio e delle macchinine truccate. Basta! Sanzioni!
Detto questo, ribadisco che i primi a cambiare dobbiamo essere noi cittadini. Non si può sperare che l’amministrazione comunale, di qualsiasi colore essa sia, possa risolvere ogni problema. Non possiamo sperarlo noi cittadini e, a quanto pare, non lo spera più neanche l’opposizione, che a fronte di tutto ciò che sta accadendo rimane silente. O meglio, non proprio silente: ha chiesto la cittadinanza onoraria per Patrick Zaki. Il che, per carità, va bene, ma non eviterà di farci respirare fumi tossici.
Forse anche da parte dell’opposizione c’è la consapevolezza che, a parti invertite, il risultato non cambierebbe. Quindi tace. Io credo che l’opposizione non debba smettere di «pungolare» l’amministrazione affinché essa eserciti sempre meglio le sue prerogative.
Sperare che sia un cittadino attraverso un blog a sollevare una questione così importante mi sembra poco, soprattutto se poi lo si accusa di essere «morbido» con l’amministrazione. Non è questione di morbidezza, ma di pragmatismo. Ai cittadini di Trinitapoli interessa respirare aria pulita, non quale sarà la prossima fazione a giovarsi dei fallimenti della controparte.
Anche l’opposizione, tuttavia, merita «un’apertura di credito». Proveniamo da mesi di pandemia e difficoltà, ognuno di noi è stato impegnato a fronteggiare l’emergenza e qualcuno ha dovuto farlo ancor più duramente di altri. In tal senso, è doveroso portare pazienza. Eppure, bisogna essere implacabili contro gli incivili e determinati nella volontà di risolvere i problemi, ognuno svolgendo al meglio il proprio ruolo. Con la consapevolezza e l’onestà intellettuale di ammettere che quella che ci aspetta, a livello politco-sociale-culturale, è una rivoluzione oppure il nulla.