Sono un seguace fanatico di Carlo Emilio Gadda e del suo don Ciccio Ingravallo.
Secondo don Ciccio, ispettore appulo ubiquo ai casi e onnipresente su gli affari tenebrosi, «le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti».
Se le cose a Trinitapoli stanno come stanno lo dobbiamo a decenni di concause alle quali, chi più chi meno, ogni trinitapolese ha contribuito. Manovrando il setaccio a grana grossa, si potrebbe ricondurre tutto a una carenza culturale (ambientale, politica, civile) nella quale ci siamo cullati comodamente. Se ancora oggi siamo convinti che incendiare le stoppie sia una tecnica agricola accettabile, vuol dire che la culla dell’ignoranza è stata molto comoda.
Se sfiniamo la maglia del setaccio, qualche ragione più specifica si può e si deve individuarla. Ma per riuscirci serve una rivoluzione culturale e civile. Serve studio e fatica. E tanta, tantissima voglia di restare con le radici piantate al Casale (e magari invogliare pure qualcuno a trasferircisi!).
Nelle ultime settimane di rinascita dalla clausura post pandemica, tra roghi, fumi tossici, rifiuti e vandali, in molti – com’è ovvio che accada – hanno gettato la croce sul sindaco Losapio e la sua amministrazione, colpevole di non arginare gli sgradevoli fenomeni. Don Ciccio Ingravallo si farebbe beffe di questo approccio così semplicistico. Addossare tutte le responsabilità agli attuali governanti è un’ingenuità che non possiamo permetterci. Ad essi non possiamo attribuire responsabilità che non abbiamo anche noi comuni cittadini. Ricordarsi sempre: sono stati votati dalla maggioranza dei compaesani. Non sono stati catapultati in consiglio comunale dagli alieni, ma provengono e sono parte integrante del tessuto civile.
E poi, in ultima analisi, non sono certamente gli amministratori i piromani. Su questo sono disposto a mettere una mano sul fuoco, tanto un fuoco su cui metterla lo trovo di sicuro.
Questo non vuol dire che l’amministrazione comunale sia esente da colpe. L’amministrazione, anzi, può e deve fare molto, ma bisogna essere consapevoli che le responsabilità non vanno rintracciate nel passato, bensì evitate nel futuro. D’ora in poi, ogni mossa dell’amministrazione (e dell’opposizione) sulla questione dei roghi sarà importante. È sul campo dell’avvenire che si gioca la partita.
In questo senso ho trovato interessante il comunicato [LINK] del gruppo d’opposizione Libera Trinitapoli, laddove si chiede che la soluzione del problema degli incendi passi attraverso un intervento pubblico e non attraverso convenzioni con procedura d’urgenza. La trovo una cosa molto sensata. Se l’amministrazione lascia passare il messaggio che chiunque possa creare una situazione di emergenza per trarne profitto, allora sì che è finita. Inoltre, anche le altre soluzioni proposte mi sembra appartengano all’area del buon senso.
Quello che non ho capito del comunicato è l’avversità alla soluzione dei droni.
È vero che da quando il sindaco ha parlato dei droni si sono riscontrate reazioni scettiche o sarcastiche, ma io non ne vedo il motivo. Sfruttare la tecnologia per monitorare meglio il territorio non mi sembra una cattiva idea. Dipende, ovviamente, da come lo si fa. (Per capirci: se l’efficienza dei droni nella prevenzione dei roghi è la stessa della polizia municipale nella prevenzione delle infrazioni al codice della strada, stiamo freschi! C’è l’attenuante che l’organico è sottodimensionato, va bene, ma attenzione anche al sovradimensionamento delle scatole dei cittadini.)
Io mi auguro che il monitoraggio con i droni funzioni per davvero e sono sicuro che dopo un periodo di rodaggio si possano vedere i risultati.
Ho riflettuto sul fatto che noi trinitapolesi, ora che siamo muniti di droni, possiamo considerarci ufficialmente indronati. Confesso che il fatto appaga le mie fisime su ordine e simmetria. Da quando sono diventato, oltre che trinitapolese, anche indronato sento dentro di me come un senso di calma interiore, un acquietamento composto.
Forse questa (quella di indronato dico) è la condizione migliore per darsi da fare. Grazie alle mail e ai messaggi che arrivano sul sito del Peperoncino, ho scoperto che in tanti hanno una soluzione per tutto, ma che, a dispetto della totale buona fede, ognuno basa la sua convinzione sulla propria esperienza o sul pregiudizio, mentre servirebbe un approccio serio, scientifico, a un tema così delicato come è quello della cura del territorio.
Il dibattito politico su una visione prospettica di sviluppo del territorio trinitapolese è totalmente inesistente. Quando si prova ad affrontare l’argomento lo si fa solo in campagna elettorale a suon di slogan e sfottò, superficialmente. Non va bene così. Il paese è disordinato perché non c’è una pianificazione condivisa. Agricoltori, industriali, operatori del turismo, geologi, amministrativisti, baristi, amministrazione, dovrebbero poter contare su dati certi e studi seri e condividerli in un organismo generale che abbia come obiettivo quello di tracciare un solco chiaro, una visione prospettica di benessere per tutti.
In un momento come questo, in un territorio come questo, l’improvvisazione non ce la possiamo più permettere. Bisogna, per quanto possibile, coadiuvare gli amministratori attuali e chiunque vinca le prossime elezioni, a prescindere dall’appartenenza politica. I futuri amministratori devono sapere in che direzione andare, e la direzione la devono tracciare le componenti sociali ed economiche.
Non si può lasciare il nostro futuro all’enfasi del politico di turno, così come non si può lasciare in balìa di sé stesso chi coraggiosamente decide di mettersi in gioco per la comunità. Chi vorrà in futuro amministrare Trinitapoli dovrà avere una bussola, chiara, imprescindibile, inderogabile.
Ci vuole una mobilitazione di trinitapolesi un po’ fanatici e un po’ pazzerelli che anziché investire le proprie energie altrove e vivere la propria vita tranquillamente, decidano di restare a Trinitapoli a fare il cattivo sangue che serve per risollevarne le sorti. Occorre, insomma, un gruppo di indronati di ciascun settore economico e sociale che abbia a cuore il paese e metta il proprio tempo e la propria professionalità a disposizione per studiare soluzioni vantaggiose per tutti.
Se questo gruppo di volenterosi esiste, batta un colpo. Altrimenti, buona diossina a tutti.