Corsi e ricorsi storici
Alessandro Tassoni (Modena 1565-1635) con il poema eroicomico “La secchia rapita” rievoca e trasfigura la cruenta battaglia di Zappolino che si svolse tra modenesi e bolognesi il 13 novembre 1325. Secondo le cronache dell’epoca, la battaglia lasciò sul campo oltre 2.000 morti.
La rivalità tra le due città era antica e trovava alimento nel continuo sconfinamento dei bolognesi nel territorio di Modena. Aggiungasi che la popolazione di Bologna, prevalentemente guelfa, agiva con il sostegno del papa Bonifacio VIII, mentre quella di Modena era sostenuta dall’imperatore.
La vittoria arrise ai modenesi nonostante la grande inferiorità numerica delle sue truppe. I bolognesi abbandonarono la battaglia e inseguiti si rifugiarono nella loro città che venne cinta d’assedio. Dopo qualche giorno l’assedio venne tolto e le truppe modenesi esultanti ritornarono a casa esibendo come trofeo una secchia di legno che avevano strappato ad un pozzo in contrada San Felice nei pressi della città nemica.
La vicenda ispirò la fantasia del poeta Tassoni che la trasfigurò e l’arricchì con episodi e personaggi fantasiosi narrando che l’esercito bolognese si era mosso sotto la protezione della dea MInerva mentre Marte, Bacco e la dea Venere proteggevano le truppe modenesi.
Nacque così la leggenda che la battaglia di Zappolino avvenne per la conquista di una umile secchia di abete.
Con il serio e il faceto il poeta denuncia l’assurdità di certe battaglie che per scatenarsi hanno bisogno di un pretesto per nascondere le vere ragioni.
Mi è ritornata improvvisamente alla memoria la battaglia di Zappolino osservando quanto accaduto nell’aula del Consiglio Comunale negli ultimi due mesi dove Maria Grazia Iannella e Roberto Di Feo hanno attaccato la presidente del Consiglio Antonella De Lillo con una violenza inaudita.
Il casus belli, questa volta, non era una povera secchia di legno ma due comode poltrone che la presidente avrebbe sostituito con due poltroncine che i due consiglieri ritenevano scomode e indecorose per il loro ruolo.
In aiuto dei due insorti si precipitavano immediatamente i 5 guerrieri dell’armata Brancaleone invocando l’intervento del prefetto così come nella battaglia di Zappolino furono invocate le divinità
Lo informarono subito con linguaggio tronfio ed enfatico che la sostituzione delle sedie “li aveva lasciati basiti”, che la presidente “aveva ordito una vera e propria conventio ad escludendum (sic!) nei confronti di due consiglieri comunali”, che si trattava di un’azione “infantile e patetica… misere azioni di piccolo cabotaggio, espressione di pentimento d’accatto prive di qualsiasi ravvedimento”, aggiungevano che “la signora presidente, oltre che caratterizzarsi con una gestione autoritaria ed arbitraria della massima assise cittadina, con questo Suo ulteriore e deprecabile comportamento ritorsivo ha screditato il Consiglio Comunale, tempio e presidio della democrazia della città”.
A fronte della sproporzione delle forze in campo anche la presidente De Lillo si rivolgeva alla stessa divinità chiarendo che “già nella scorsa legislatura, i primi consigli comunali in presenza si sono svolti utilizzando parte degli scranni e parte delle sedie disponendole addirittura al di fuori degli scranni e a mente non ricordo ci siano state delle lamentele. Ma ad ogni modo i posti a sedere in aula non sono mai stati prestabiliti né dalla sottoscritta e né dalla conferenza dei capigruppo…….scientemente disertata dalle minoranze.
“Concludeva” Consigliere Barisciano e consiglieri sottoscrittori, non è il posto a sedere che mortifica il prestigio o l’autorevolezza di un consiglio, ma i comportamenti, le parole, gli atteggiamenti, ma soprattutto i contenuti che allo stato mancano potendo ravvisare con certezza che l’unico intento di questa opposizione è quello di denigrare, offendere, ricercare a tutti i costi un modo per polemizzare su ogni cosa anche superflua.”
Nel consiglio comunale dell’11 novembre la battaglia divenne più aspra e sull’orlo di degenerare quando il consigliere Roberto Di Feo, stanco di stare seduto su una indecorosa poltroncina, sfoga l’ira funesta prendendo a calci l’odiata scrivania nell’assoluta indifferenza dei consiglieri di opposizione.
L’indecente spettacolo venne immediatamente troncato dalla presidente De Lillo che, sospeso il Consiglio, assegnò le due ripudiate poltroncine al sindaco e al vicesindaco intimando ancora una volta ai recalcitranti consiglieri Iannella e Di Feo di accomodarsi negli scranni, cosa a cui finalmente si sottomisero visibilmente delusi per la cessazione di una pretestuosa polemica.
La vicenda ha risvegliato in me la memoria di un analogo episodio avvenuto nel 1997 nel primo consiglio comunale dopo la elezione a sindaco di Arcangelo Barisciano. Entrammo in aula e ogni consigliere si diresse verso i banchi tradizionalmente occupati dai gruppi di riferimento.
Io occupai la poltrona alla estrema sinistra che già occupavo dal 1966, ignaro di quello che era stato ordito a danno del mio gruppo. Dopo qualche istante il sindaco Barisciano (nella qualità di presidente del consiglio) ci intimò di spostarci nel settore destinato ai gruppi di destra lasciando il posto ai consiglieri della sua lista.
Rifiutammo sdegnati. La intimazione ci apparve oltraggiosa considerando che a quei tempi le parole “destra e sinistra” avevano un significato inequivocabile e che non c’era motivo di toglierci la collocazione a sinistra.
Nacque un braccio di ferro che cessò quando saggiamente i consiglieri Silvestro Elia e Peppino Brandi chiesero di accomodarsi su due sedie che furono collocate tra il banco della presidenza e il settore della sinistra.
Non nascondo che è stato divertente ascoltare il consigliere Barisciano nel suo nuovo ruolo, “quantum mutatus ab illo“.
Sono trascorsi 706 anni dalla battaglia di Zappolino e non avrei mai immaginato che ogni adunanza del Consiglio Comunale si trasformi in una battaglia per una secchia rapita.
Ogni volta tanto rumore per nulla.
Arcangelo Sannicandro