Ci sono due modi di trasformare la Guerra in Pace. Il primo è vincere. Il secondo è dialogare.
Il primo modo è più semplice, immediato. Ma non si può più fare. La Russia possiede un arsenale atomico di circa seimila testate, ognuna da sola in grado di far letteralmente esplodere una città come Parigi o Berlino. Sommando questo arsenale a quello delle altre potenze nucleari, si capisce bene che la metà basta a porre fine all’esistenza dell’umanità e alla maggior parte delle forme di vita sulla Terra. Un tempo, quando le armi nucleari ancora non esistevano, ci si poteva massacrare in nome di valori e ideologie con la speranza che il sacrificio di una generazione diventasse il benessere dell’altra. Oggi, esiste solo il suicidio collettivo. Putin ultimamente ha dichiarato: «Certo, una guerra nucleare sarebbe una catastrofe per l’umanità e per il mondo intero. Ma, d’altra parte, che ce ne facciamo di un mondo senza la Russia?».
Il secondo modo per ottenere la Pace è incredibilmente difficile, perché il dialogo implica qualche rinuncia, ma al momento, come si vede, non ci sono alternative.
Sono considerazioni ovvie, eppure nel dibattito sulla guerra che inonda la nostra vita da qualche giorno, sembrano evanescenti o secondarie. Sembra che nessuno consideri seriamente la prospettiva della fine del mondo. Qualcuno magari dentro di sé ci pensa, ma poi alla fine dice: «Naaa! Non succederà mai», dimenticando che in migliaia di anni di massacri senza freno questa è la prima volta che l’umanità rischia di affrontarsi a colpi di bombe atomiche.
Questa fiducia deriva dall’ignoranza del passato. Chi è consapevole di ciò che l’uomo è stato in grado di fare sa perfettamente che l’Apocalisse è possibile
Anatolij Kuznecov (Kiev 1929 – Londra 1979) è l’autore di Babij Jar. Aveva dodici anni quando le truppe naziste invasero l’Ucraina, che ai tempi era solo la regione più occidentale della Russia. I nazisti furono accolti come salvatori da una buona parte della popolazione, stanca del regime sovietico e desiderosa di libertà. I tedeschi promettevano un nuovo ordine mondiale libero dagli oppressori bolscevichi. Erano tutto sommato educati con gli ucraini, anche perché supportati da bande di collaborazionisti nazionalisti che infondevano fiducia nella popolazione. Dopo pochi giorni di occupazione apparve un’ordinanza, un manifesto affisso dappertutto a Kiev.
Gli ebrei dovevano presentarsi vestiti e carichi di ogni ricchezza trasportabile (denaro, oro) al cospetto delle autorità naziste. Nessuno ci capiva granché, molti non sapevano neanche di essere considerati ebrei, molti bambini avevano genitori misti, e nessuno era un ebreo praticante perché la religione era vietata dai sovietici. I più pensavano di dover essere deportati o spostati in un ghetto per esigenze logistiche e militari. Fatto sta che all’appuntamento si presentarono spontaneamente in decine di migliaia.
Attraversato un varco, schermato da teli per non vederci attraverso, questo fiume di gente veniva portato nei pressi del crepaccio di Babij Jar. A gruppi di una decina per volta venivano fatti avanzare con gentilezza da altri ucraini, nazionalisti e ammiratori dei nazisti, nemici dei sovietici. Quando erano abbastanza lontani, i gruppetti di donne, anziani, bambini di ogni età, venivano malmenati dai connazionali e fatti spogliare completamente, i loro beni ammassati altrove. In file ordinate venivano accompagnati sul ciglio del crepaccio.
Poi: ta-ta ta-ta-ta. Li mitragliavano, i loro corpi cadevano nel burrone e i nazisti si risparmiavano la fatica di seppellirli. Per bambini e lattanti non si sprecavano pallottole: li si prendeva, li si faceva roteare in aria e li si scagliava giù nel fosso. Qualcuno ci faceva tiro a segno, per divertimento.
Fa impressione? Stai piangendo? Hai ancora dei dubbi sul fatto che esseri così mostruosi si facciano problemi a ucciderci tutti? Davvero pensi che siano incubi che appartengono al passato?
L’uomo è capace di crudeltà molto peggiori di queste, e la Guerra è l’abisso dove tutto ciò ha luogo. La guerra non deve scoppiare, quando parte è già troppo tardi. E non è un videogioco, è un’atrocità raccontata un milione di volte. Solo che i racconti non li legge più nessuno. L’ignoranza è una colpa. È proprio perché non siamo più interessati a capire da dove veniamo che siamo giunti fin qui, sul baratro, come gli ebrei di Babij Jar. E proprio come loro, ci siamo arrivati con le nostre gambe.
L’idiozia bellicista a cui assistiamo ormai quotidianamente è spiegabile solo con la nostra incapacità di guardare, comprendere, interpretare.
Da quando la sciagura della guerra è entrata a far parte delle nostre vite, l’intero apparato della comunicazione guerrafondaia fa leva sui nostri sensi di colpa. Ancor prima di provare a comprendere le ragioni del conflitto, molto prima di avere idea di dove accidenti si trovi il Donbass, senza sapere nulla dell’Ucraina, della Russia, della NATO, degli armamenti, dei nazisti ucraini e degli oligarchi russi, ancor prima di tutto ci è stata detta solo una cosa: Vergognatevi! Voi occidentali, cresciuti nella bambagia, fra gli agi del lusso, che ne sapete voi della guerra e delle sofferenze? Guardate i bambini che muoiono e non fate niente. La colpa è vostra, siete dei codardi.
Il Presidente ucraino Zelensky ultimamente ha dichiarato: «Se voi occidentali non intervenite i prossimi morti saranno sulla vostra coscienza».
Capito? Sulla nostra coscienza, non sulla sua! Lui è il presidente di una nazione in guerra con la Russia dal 2014. Dal 2014 a oggi la guerra in Donbass ha provocato circa ventimila morti e un milione e mezzo di profughi. In otto anni si sono massacrati senza riuscire a trovare un compromesso, ma, indovina un po’?, la colpa è la nostra! Lui non c’entra niente.
Senso di colpa per il nostro benessere: ecco su cosa si sta puntando per incattivirci.
E siccome in fondo in fondo siamo degli animali stupidi, qualcosa dentro di noi istintivamente è scattato.
È vero! Dobbiamo difendere il popolo oppresso! Datemi un fucile, vado a combattere per la libertà dei miei fratelli ucraini!
Senonché, cinque minuti dopo, datemi un fucile è diventato dategli un fucile. Il nostro carattere occidentale è immediatamente riemerso. Noi non coltiviamo patate, andiamo al supermercato; noi non costruiamo rifugi, compriamo case in agenzia; non mangiamo in maniera naturale, ingeriamo cibi finti e poi prendiamo le pillole per il colesterolo; non educhiamo i nostri figli, li facciamo educare da altri mentre siamo impegnati a far girare l’economia; non aspettiamo la luce del sole, bruciamo fossili e accendiamo le lampadine.
Coerentemente a noi stessi, anche in questo caso abbiamo detto: noi non facciamo la guerra, la facciamo fare. Ecco, l’Europa, così magnanima e impegnata, così contraria ai dittatori, raffigurata dall’immagine mite della Von der Lyen, invia ora armi agli ucraini per andare a morire con dignità. Nel frattempo, continua a comprare gas dal dittatore Putin, così che egli possa costruire altre armi per ammazzare ucraini, così che noi possiamo regalare altri fucili agli ucraini, affinché il meccanismo di morte si perpetui.
Davvero è una buona idea mandare allo sbaraglio civili male o per niente addestrati con le baionette innestate contro uno degli eserciti più equipaggiati (e allenati) del mondo? Davvero vogliamo favorire un’escalation che ha come gradino ultimo la guerra nucleare? Cosa c’è di glorioso nell’illudere un popolo intero facendogli credere che siamo dalla loro parte, mentre in realtà li stiamo ancor più spingendo al massacro?
Insomma, alimentare la guerra è davvero il modo migliore per farla finire?
Se vogliamo la pace, dobbiamo comprendere le ragioni della guerra. Se non comprendiamo le ragioni della guerra, non riusciremo mai trovare la chiave per la pace.
Siccome abbiamo smesso di leggere e studiare, abbiamo dimenticato che la Pace è un RISULTATO.
La Pace va ricercata, perseguita con tutte le forze. Essa non è la condizione abituale in cui gli uomini hanno convissuto per millenni. La condizione abituale dell’uomo è la Guerra, non la Pace. Essa è sempre l’esito di un processo complesso attraverso cui popoli, nazioni, ideologie, sensibilità diverse cercano un compromesso. Ciascuno rinuncia a un pezzo di sé per un bene superiore. Questo risultato è così difficile da ottenere che nel corso della storia è accaduto pochissime volte e per brevi periodi. Quello che abbiamo vissuto in Europa nel secondo dopoguerra è il periodo di pace più lungo che ci sia mai stato su questa terra martoriata. E potrebbe essere l’ultimo.
Quello che accade oggi in Ucraina è il semplice ritorno della Guerra perché noi abbiamo smesso di interessarci della politica, di noi stessi, della storia. Abbiamo smesso di studiare, di leggere, di progredire.
Quando gli parlo di queste cose, un amico mi dice sempre: «Scusa Raffae’, ma io non ho tempo di leggere. Io leggo solo le bollette».
Come dargli torto? Bisogna affrontare la vita di tutti i giorni, bisogna darsi da fare per andare avanti, per arrivare a fine mese. È proprio questa la vittoria definitiva dei signori della guerra. Tu pensa a sopravvivere, che a vivere veramente ci pensiamo noi. Leggiamo noi, per te.
Se non fossimo animali e sapessimo ciò che facciamo, agiremmo nell’unico modo possibile per evitare la catastrofe nucleare: fermare le ostilità a qualsiasi costo, anche accettando condizioni difficili, o addirittura la sconfitta (questa brutta parola che nessuno vuole dire per non fare la figura del vigliacco), giacché tutto è temporaneo e passeggero a questo mondo.
Anche i tiranni non sono eterni, le condizioni cambiano, la primavera torna. Altro che inviare armi! Dopodiché, bisogna sedersi intorno a un tavolo e cominciare a fare politica, dialogare col nemico, ascoltare le rispettive ragioni, trovare un compromesso e vedere i nostri figli crescere anziché liquefarsi sotto un fungo atomico.
Ci vuole tempo, anni, rinunce, sofferenze, forse anche diritti violati e soprusi. Ma non c’è alternativa.
L’alternativa è la Guerra nucleare, la fine di tutto. Fate voi.