Corale è stato il plauso di tutta la città di Trinitapoli alle forze dell’Ordine che, con grande professionalità, hanno fatto sgomberare gli alloggi di edilizia sociale occupati abusivamente.
Si percepisce in paese una sensazione di maggiore sicurezza in seguito, tra l’altro, al visibile rafforzamento dei controlli notturni, ad una maggiore illuminazione dei quartieri bui e alla costante presenza delle volanti della polizia. La stampa, i social e la televisione hanno dato, giustamente, grande risalto alla brillante operazione posta in essere sia nel quartiere UNRRA CASAS che in quello di piazza della Costituzione.
Gli appartamenti liberati non erano abitati però tutti da delinquenti ma anche da persone che non si potevano permettere il lusso di un canone di locazione. Illegalità e povertà non sono sinonimi, anche se la prima spesso trova alimento nella seconda. Inoltre, non conoscendo la storia del paese, hanno definito questo intervento “lo sgombero delle case maledette”. L’appellativo di “Isola delle donne (non case) maledette” per il rione UNRRA CASAS non ha un significato negativo perché si riferisce alla pacifica e strenua lotta delle donne che, già assegnatarie degli immobili, occuparono le case popolari che ritardavano ad essere consegnate.
Vivevano in bassi umidi e malsani e, per non coinvolgere i mariti che avrebbero potuto perdere la pazienza e compromettersi, decisero di portare tutte le loro povere masserizie e i bambini nelle nuove case e riuscirono , solo con l’uso della voce, cioè urlando a più non posso tutte in coro, ad avere il consenso di rimanere dentro, Il bravo Capitano dei carabinieri di Cerignola, che diresse l’operazione di sgombero, quando si arrese all’evidenza della povertà, pare che abbia esclamato ”Va bene, maledette a voi, rimanete dentro”! Questo episodio è all’origine di un epiteto che ha penalizzato negli anni l’onorabilità delle abitanti di un quartiere abitato da grandi lavoratori, tra cui storici responsabili sindacali e politici.
Ora l’aggettivo “maledette” è passato anche alle case e a tutto il quartiere. Ebbene mi chiedo e chiedo: è giusto che le 100 famiglie che vi risiedono (di tre/quattro componenti ciascuna) debbano subire la mannaia di questo aggettivo? Un piccolo studente che proviene dall’UNRRA CASAS avrà in futuro lo stesso “prestigio” di uno che proviene da corso Garibaldi? La signora Lucia che nutre ogni giorno i gatti del quartiere, sistemati in cassette con cuscini, è maledetta ed abita in una casa maledetta? E la signora Vittoria che pianta fiori ed innaffia le piante del quartiere è pure lei maledetta? Per non parlare di Luisa, Antonella, Concetta e tante altre pronte ad aiutare gli anziani che non possono uscire, ebbene, tutte queste benemerite sono anche loro “male femmine”?
Generalizzando, generalizzando si scivola lungo la china del pregiudizio e ne pagano lo scotto brave persone e soprattutto bambini innocenti. Bisogna intervenire subito, usando innanzi tutto un linguaggio appropriato e poi mettendo a frutto le strutture sociali (una è la biblioteca di via 1° maggio), costruite a servizio del quartiere (e non per associazioni e privati), organizzando, ad esempio, una mostra sulla storia e i personaggi dell’UNRRA CASAS, rendendo sempre più pulite le strade, progettando murales (finanziati anche da fondi pubblici) e curando molto il verde del quartiere.
“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà(…)”
Le parole di Peppino Impastato dovrebbero diventare il grido di battaglia quotidiano della amministrazione e della opposizione.
La bellezza trionferà!