Anna Karenina (1877) è sposata con un tipo tedioso e tutto d’un pezzo da cui ha pure avuto un figlio. Poi conosce Vronskij, un figo da paura, e se ne innamora. I due cominciano una relazione clandestina e Anna rimane pure incinta. Lei confessa il tradimento al marito, ma quello anziché cacciarla o ucciderla, la punisce negandole il divorzio. Il parto è difficile e Anna rischia di morire, così Karenin, il marito noioso, perdona lei e Vronskij, l’amante. Il risultato è che Anna, sopravvissuta al parto, è presa dal disgusto per questo marito che si tiene le corna e la bambina, mentre Vronskij (lo sfasciafamiglie) tenta di suicidarsi per la vergogna. Impietosita, Anna si rimette con Vronskij, a sua volta incapace di fare a meno di questa donna così passionale. Lascia il marito a casa a farsi insultare dai conoscenti, mentre lei viaggia e si diverte.
La convivenza tra il superfigo Vronskij e la focosissima Anna comincia a produrre il suo inesorabile effetto: Vronskij si annoia e comincia a correre dietro ad altre gonne. Anna si ingelosisce, impazzisce di rabbia, entra in depressione e alla fine, in preda alla disperazione si butta sotto un treno. Vronskij, vista la malaparata e il rimorso, scappa nella legione straniera, o il suo equivalente. Dopo il suicidio di sua moglie, Karenin si occupa della bambina che Anna aveva avuto dal suo amante.
Una delle storie d’amore più celebri di tutti i tempi, dunque, prevede: 1. Un marito cornuto così incazzato e possessivo che, anziché ucciderla o picchiarla, perdona la moglie (e l’amante), per punirla non divorzia, e si tiene pure la figlia. 2. Una mamma figa e indipendente se ne frega della sofferenza e dell’onore del marito, se la fa col bellone scapestrato e alla fine, quando tutto va a rotoli, si assume le sue responsabilità e la fa finita. Siamo nel 1877 in Russia. Diritti delle donne, zero. Diritti degli uomini, tutto.
L’amore è una tragedia, ma nessuno ammazza nessuno. Non ci sono vinti o vincitori: la vita sentimentale è complessa e insondabile. I desideri sono sogni che molto spesso non si avverano e neanche i comportamenti più virtuosi provocano i risultati sperati. Karenin si comporta come un signore, eppure Anna continua a tradirlo pubblicamente. Che fa lui? La uccide? Manco per idea: convive con il suo dolore e, dopo la morte della mamma, si occupa doverosamente di sua figlia.
Madame Bovary (1857) è sposata con un medicozzo di campagna, un tipo palloso e maldestro. Emma lo disprezza proprio e si capisce che non ci va neanche a letto. Lui è così devoto alla giovane moglie che considera quell’atteggiamento un lato della sua personalità e lo rispetta. Non la pressa, non la stolkera, non la umilia, non la picchia: niente. Lei ci mette poco a cornificarlo col primo che trova e, manco a dirlo, si fa ingravidare da uno che non la considera proprio. Risultato: i Bovary migrano per evitare ulteriori tentazioni e sofferenze. Ma il problema, ovviamente, non è la residenza, è proprio che Emma ha bisogno di romanticherie. Non fanno in tempo a cambiare aria, che Madame Bovary prima si infila nel letto di un giovanissimo studente (che fa i fatti suoi e poi se ne va a studiare da un’altra parte) e poi in quello del nobile Rodolphe. Pure questo ne approfitta, fa credere a Emma che fuggirà con lei e poi le manda un bigliettino dicendo che non se la sente più. Emma cade malata. Suo marito le sta vicino, ma più le sta vicino più Emma lo schifa e vuole morire.
Una sera a teatro Emma reincontra lo studente e ricomincia a frequentarlo, dilapidando il patrimonio familiare per pagarsi gli svaghi. Fino a quando i soldi finiscono, Emma si indebita con tutti, in città si parla apertamente di adulterio. Madame Bovary, disperata, chiede aiuto ai suoi amanti: bussa alle loro porte chiedendo aiuto e soldi, ma quelli le sbattono la porta in faccia per sempre. Emma si ritira, prende l’arsenico e si suicida tra mille sofferenze.
Anche in Madame Bovary, come in Anna Karenina, i maschi fanno delle figure meschine. Sono idioti, inutilmente aitanti o miseramente ignobili, narcisi o mediocri, tanto spavaldi negli agi quanto codardi nelle difficoltà, generosi nella prosperità e spilorci nel disagio. I maschi di Tolstoj e di Flaubert sono pessimi come molti esseri umani possono esserlo, e cioè in mille modi diversi. C’è però qualcosa che li accomuna: anche di fronte alla più terribile delle delusioni d’amore, anche di fronte ai tradimenti più brutali, anche di fronte a donne che li rifiutano apertamente dopo aver giurato eterna fedeltà, non torcono loro un capello. Nel modello tragico-romantico ottocentesco la violenza nei confronti delle donne non è contemplata. Le donne di Tolstoj e Flaubert sono prive di diritti e temono molte cose, tranne una: di essere picchiate o uccise a causa della loro indipendenza.
Poi è arrivata la “cultura” cinematografica americana o americaneggiante e i modelli sono decisamente cambiati. Le pellicole (scritte, sceneggiate, dirette, prodotte da maschi) presentano trame bene o male sovrapponibili.
Lei è una sfigata sognatrice che per una qualche ragione si imbatte nel bellissimo riccastro ambìto da molte. Lui molte qualità, lei solo una: è bona da morire. Incredibile a dirsi, nonostante lei sia di una bonaggine stellare, lui si innamora della sua personalità e la corteggia. Lei ci sta, ma quasi subito scopre (guarda un po’!) che in realtà lui non fa sul serio. (Sul serio vuol dire solo una cosa: la deve sposare.) Allora lei si incazza e si deprime fra mille lacrime. Lui che sembrava scemo e insensibile, invece è proprio un coglione patentato. Infatti, all’improvviso capisce che lei deve essere SUA. Lei, la donna, diventa una cosa e può appartenere a qualcuno. Perciò che fa? Fa quello che si fa quando vuoi una COSA: la compra. Come si compra una COSA chiamata DONNA? Con l’equivalente dei soldi, e cioè comportamenti stereotipati e pubblicamente spendibili, dei veri e propri titoli di credito sociali. Perciò: 1. Inseguire fino allo stremo per dimostrare che ci tiene, estenuare (stalking). 2. Inginocchiarsi e chiedere perdono. 3. Sfoderare regali costosissimi e un anello. Lei, abbacinata da tanta personalità, dice: sì, sono COSA TUA.
I film sono tutti a lieto fine. Non succede mai che lei si neghi. Perché? Perché in questa logica mercantile il rifiuto della donna equivale al fallimento dell’uomo. La decisione della donna non riguarda la sua persona (una persona non esiste più: esiste un oggetto femminile). Il rifiuto diventa un’offesa a lui. Il maschio ha i titoli di credito (e cioè un comportamento ineccepibile), li spende in un negozio aperto al pubblico (palcoscenico sociale), per acquistare una merce (la donna). È evidente che un rifiuto diventa la negazione di un diritto, il diritto dell’uomo a possedere quella donna. In una mente malata, questo schema erotico-commerciale può penetrare molto sfavorevolmente.
In questi giorni drammatici, nei quali la triste vicenda di cronaca della povera Giulia Cecchettin ha riportato alla ribalta il tema degli omicidi perpetrati dagli uomini contro le donne, si è discusso molto. Ho sentito semplicisticamente incolpare il famigerato “patriarcato”, e cioè un fantasma. Gli assassini non sono “patriarchi”, sono uomini, ragazzi come il figlio garbato della vicina di casa. Madame Bovary e Anna Karenina vivevano in epoche eminentemente patriarcali, in cui gli uomini detenevano la totalità dello spettro dei diritti socio-economico-politici. Un mondo al “femminile” non era neanche immaginabile. Eppure, una volta alle prese con la propria personale ribellione, queste “femmine” mettono in conto qualsiasi sventura (anche il suicidio), ma mai per un istante temono di essere picchiate o uccise.
In un mondo senza diritti, le donne sono persone degne di rispetto, in quello attuale (tendente alla parità) le donne sono competitors de-umanizzati e possono essere acquistate (il termine più gettonato è: conquistate, così come si conquista una terra), oppure eliminate. È chiaro che un nuovo approccio all’educazione sentimentale dei giovani, maschi e femmine, è necessario a ogni livello. Se il modello, infatti, resta quello delle commedie romantiche americane, non c’è da aspettarsi grandi miglioramenti.