Chi è Sabrina Fiorentino? Nata nel 1991, dopo la laurea in Farmacia e dopo aver lavorato per qualche anno durante la settimana nell’azienda milanese GUNA SPA e nei weekend in una farmacia, ha deciso di tornare a Trinitapoli dove ha dato il via, con la sorella Silvia, a “Sestre S.r.l.s.” che produce in un laboratorio di Canosa gli integratori alimentari SESTRE Energy, SESTRE Colon e SESTRE Fert, approvati dal Ministero della Salute e venduti ora in farmacia (approfondimenti, ndr).
Questa Start Up a gennaio si è classificata seconda presso lo START UP CHALLENGE CAMP di Bari e a marzo è arrivata tra le 6 finaliste italiane del WOMAN ENTREPRENEUR OF THE YEAR AWARD, un premio internazionale che promuove le donne imprenditrici che hanno scelto di affrontare le principali questioni sociali e ambientali nelle loro comunità di origine. Inoltre, è tra le 15 Start Up innovative in ambito farmaceutico selezionate per il COSMOFARMA 2019, evento leader del settore farmaceutico. Presso l’Università di Foggia, infine, è al secondo posto tra i progetti innovativi.
Ho voluto iniziare le interviste proprio da te perché considero la tua esperienza una bella storia da raccontare ai tuoi coetanei che spesso restano in attesa di una offerta di lavoro che non arriva mai. Senza voler coprire le problematiche dell’attuale mercato del lavoro, ci vuoi dire come sei riuscita a realizzare il tuo sogno?
R.: Innanzitutto con tanto studio e tanta gavetta. Non ho mai considerato il lavoro un regalo o una concessione che piovono dall’alto. Dopo aver completato l’università, ho lavorato a Milano dove ho avuto l’opportunità di mettere alla prova le mie capacità e le conoscenze acquisite con gli studi.
L’importanza che noi meridionali diamo al cibo genuino della nostra DIETA MEDITERRANEA, con prodotti succosi provenienti dalla fertile terra di Puglia, è stata la base su cui ho costruito tutto il mio percorso di ricerca che mi ha permesso di capire come la chimica degli alimenti possa influenzare direttamente il nostro DNA, la molecola della vita. L’ambiente esterno è la terza “elica” del nostro DNA, perché interagisce con esso danneggiandolo in alcuni casi e beneficiandolo in altri. Tocca a noi favorire l’uno o l’altro processo.
Hai chiamato l’ambiente esterno “la terza elica”. Ci spieghi qualcosa delle altre due “eliche”?
R.: La molecola della vita, il DNA, costituita da due eliche, contiene informazioni genetiche utili per il funzionamento e lo sviluppo di quasi tutti gli organismi viventi. È presente in tutte le nostre cellule ed è in continua interazione con l’ambiente esterno cioè con tutto ciò che ci circonda, dagli agenti inquinanti dell’atmosfera che possono recare danni irreversibili al nostro DNA, alle molecole contenute nel cibo. Ci sono alimenti che contengono molecole chimiche altamente cancerogene ed altre che invece sono responsabili della nostra longevità e che ho scoperto, grazie al prof. Roberto Toso dell’Università di Milano, si trovano all’interno del regime alimentare mediterraneo.
Da queste evidenze scientifiche e dalla esigenza di migliorare la qualità della nostra vita è nata un’idea molto semplice: sviluppare una nuova forma di integratore naturale, utilizzando “solo” le componenti salutistiche della Dieta Mediterranea.
Sei stata in una grande metropoli come Milano, che ti ha accolta con generosità e ti ha aperto le porte del mondo del lavoro e della ricerca. Come mai hai deciso di ritornare a Trinitapoli e di far partire “SESTRE” da un piccolo paese del SUD?
R.: Travolta dalla vitalità quotidiana di una grande città come Milano, mi accorgevo di non sentirmi a casa quando, sedendomi a tavola, non avvertivo più i sapori della mia terra.
Mi mancavano il pane “pucciato” nel sugo la domenica mattina a casa della nonna, la focaccia appena sfornata con i pomodori freschi, l’arancia che invadeva la casa con il suo intenso profumo, le cime di rapa “stufate” che profumavano un po’ di meno la casa ma che riempivano il cuore con il loro sapore amaro e familiare.
Nonostante tutte le valigie pesantissime che portavo da casa, piene di vasetti di conserve che venivano preferiti in valigia ad una scatola di scarpe nuove, difficilmente riuscivo a rivivere le stesse emozioni e a percepire gli stessi sapori.
Ho sempre pensato che quei sapori contenevano storie di famiglie, ingredienti miscelati con passione, verdure colte una ad una con sacrificio, pasta lievitata per tante ore rispettando la tradizione, frutta raccolta qualche ora prima di ritrovarla sulla propria tavola e mille altri gesti raccontati attraverso un pranzo condiviso.
No, non era solo nostalgia. Ho incominciato a sognare la mia Puglia in fermento, quel tipo di fermento che spesso i giovani dimenticano di possedere perché demoralizzati dalle istituzioni o immobilizzati dalla pigrizia.
Creatività, innovazione e cultura sono le nostre armi e la contaminazione può accendere e mantenere vivo il fuoco di questo fermento.
ANTONIETTA D’INTRONO