Con un confidenziale “caro Arcangelo” esordisce una nota sulla pagina FB della sedicente Fabbrica del futuro, ingannevole preludio ad un ricco elenco di calunnie ed insulti scagliati con incontenibile rabbia contro di me e la professoressa Antonietta D’Introno, responsabili dell’articolo apparso sull’ultimo numero del Peperoncino Rosso dal titolo “Quando non si può attaccare il ragionamento si attacca il ragionatore”.
La nota come al solito non è firmata, il che ci indurrebbe ad attribuirla all’ex assessora Maria Grazia Iannella, quale rappresentante legale del sodalizio ma il contenuto iroso, la spregiudicata alterazione dei dati di realtà, lo stile ampolloso e logorroico, la quantità di insulti e di calunnie cosparsi a piene mani in lungo ed in largo rivela senza ombra di dubbio la paternità dell’ex sindaco Francesco Di Feo. Esordisce chiedendoci “ma tu e tua moglie cosa volete da noi? Perché un giorno si ed un giorno no state lì a scrivere su di noi?” Da questo interrogativo si capisce che Francesco Di Feo non si rende conto che presentandosi come personaggio politico e leader di un movimento politico si espone ad essere giudicato dalla pubblica opinione e dalla stampa non solo quella a cui riconosce legittimità solo se ne cantassero le lodi. È sorprendente scoprire come un ex sindaco non conosca l’ABC della educazione civica prima che politica. Dal testo della nota e di altri interventi si comprende che non si tratta di un casuale scivolone che può capitare a tutti ma di autentica carenza di cultura democratica.
In buona sostanza Francesco Di Feo pensa che spetti solo a lui e a nessun altro esercitare l’attività politica, scrivere e diffondere audiovisivi, convocare conferenze stampa, commentare le sentenze che hanno decretato la legittimità dello scioglimento del Consiglio per i suoi collegamenti con la criminalità organizzata. Scrive “da quando Francesco di Feo è entrato in politica, siete voi che lo avete martirizzato con i contigui attacchi alla persona, alla famiglia, alla professione, al modo di amministrare… Non c’è stato un solo giorno in cui ha svolto il ruolo di sindaco, che non abbiate sputato veleno con manifesti, giornali, post su FB, comizi e dichiarazioni a vario titolo”. Qui il vittimismo e la furbizia si sposano ad una sfrontata menzogna, a prescindere dalla volgarità di chiamare “veleno” l’attività politica altrui. Se non si tratta di menzogne sfidiamo Francesco Di Feo ad indicare quando e come con il nostro giornale o altrimenti abbiamo attaccato la sua persona, la famiglia e la professione.
Ma il ricorso alla calunnia non si limita a quanto innanzi. Trascinato da una irrefrenabile rabbia estende il suo martirio ad un imprecisato numero di altre vittime: “vi possiamo – scrive – garantire che coloro con cui possiamo parlare, persino i parenti dei defunti, ci riferiscono che non vogliono nemmeno sentirvi nominare, perché avete fatto loro del male e non lo scorderanno più……Vi siete mai chiesti se per caso avete ferito i sentimenti di mogli, madri, figli, parenti o amici con le vostre cattiverie? “Se volessimo offendervi basterebbe scrivere la vostra biografia, dove emergerebbe chi siete realmente, come avete raggiunto il potere e la ricchezza e chi avete sfruttato, ma non lo facciamo”. Ancora una volta dopo esplicite accuse finge di soprassedere. Per il rispetto dovuto ai suoi elettori rinnoviamo l’invito a rivelare gli altri martiri che abbiamo creato con le nostre cattiverie e di spiegare, in particolare, come avremmo raggiunto il potere e la ricchezza e chi abbiamo sfruttato.
Non manca il solito tratto di megalomania: “vi alleate con tutti da destra a sinistra – pur di contrastare – nientepopodimeno che – Francesco Di Feo”. E poi la sfida suprema “scendete in campo in prima persona, proponetevi e chiedete ai casalini di farvi votare”. Evidente ricordo infantile del film western “Sfida all’ok Corral”.
Veramente miserevole, inoltre, è la chiamata in correità di tutti i consiglieri della maggioranza, dei vertici degli uffici comunali e di tutti coloro che hanno avuto rapporti con il comune (manutentori, professionisti, artigiani).
È sancito nelle sentenze del Tribunale amministrativo, del Consiglio di Stato e della magistratura ordinaria che lo scioglimento è avvenuto a causa delle indagini sulla attività amministrativa del comune nei 54 mesi in cui era sindaco Francesco Di Feo e nei 9 mesi del sindaco Emanuele Losapio. Il primo non fu dichiarato incandidabile perché già fuori del Consiglio Comunale a differenza del secondo responsabile per una sorta di responsabilità oggettiva. Agli ex assessori Roberto Di Feo e Maria Grazia Iannella, dichiarati a loro volta incandidabili, è stata addebitata l’omissione di efficaci azioni di discontinuità verso il perdurare degli effetti della gestione Di Feo. A carico di tutti gli altri consiglieri, assessori, impiegati comunali eccetera non risulta addebitato alcunché. Le sentenze non li menzionano affatto. Se Francesco Di Feo non lo ritenesse giusto non è a noi che deve rivolgersi ma alla Commissione di indagine e alla Magistratura. Il Peperoncino Rosso aveva ed ha il dovere di mantenere informati i lettori con scrupolo e prudenza. Se avessimo taciuto lo scioglimento del Consiglio per collegamenti con la criminalità organizzata avremmo tradito la fiducia dei nostri lettori e persa la credibilità guadagnata con il lavoro di tanti anni. Ma Francesco Di Feo ignora i doveri principali di chi scrive per informare.
Quando, infine, ho letto il titolo della sua nota mi sono chiesto che cosa volesse dire quando riferendosi a me scrive che sono “stato sgamato” cioè scoperto. L’ho capito leggendo le ultime righe: “a proposito dello scioglimento e della mafia di cui vi piace riempirvi la bocca, continuate pure, perché non fate altro che chiarire sempre di più alla gente chi sono gli ideologi, gli ispiratori, i mandanti e soprattutto gli utilizzatori”. Qui si raggiunge il livello più alto del delirio che agita quest’uomo. Il consiglio comunale è stato sciolto non per responsabilità sua, di suo fratello e di Maria Grazia Iannella nonché di Losapio Emanuele nei limiti ristretti del suo mandato ma per volontà del sottoscritto e della caporedattrice de Il Peperoncino Rosso, professoressa Antonietta D’Introno. Qualcuno chiami gli infermieri e con urgenza!
Per concludere. Il Peperoncino Rosso è un giornale indipendente, non legato ad un partito, autofinanziato, laico, di orientamento democratico e antifascista che si ispira ai valori contenuti nella Costituzione del 1948. Nasce allo scopo di trasmettere ai posteri uomini e vicende della nostra città sottraendoli all’oblio. In una parola intende offrire agli storici futuri la traccia di una storia minore ma ugualmente degna di essere raccontata.
Intendiamo restare fedeli al sottotitolo “Voci fuori dal coro” ben consapevoli della diffidenza e della ostilità che suscita negli uomini del potere abituati a circondarsi di cortigiani e da una coreografia ricca di nani e ballerine. Costoro cosi come gli uomini della sedicente fabbrica del futuro dovranno abituarsi a convivere con una stampa libera e non intimidita.
Dopo tanti anni di aggressioni inutili si rassegnino. Ogni numero del giornale mette a fuoco problematiche ed eventi politico/culturali del paese e non pettegolezzi o presunti scoop su padri, nonni o amici. Serva di esempio, tra i tanti, il numero di novembre del 2018 de Il Peperoncino Rosso, che i lettori possono cliccare e sfogliare.