Sono i patrioti che i trinitapolesi ricorderanno sempre il 25 aprile contrastando ogni velleitario e scomposto tentativo di svuotarlo del suo vero significato
Per anni abbiamo conosciuto una storia della Resistenza e della Guerra di Liberazione che possiamo tranquillamente definire monca perché mancante di un pezzo importante: il contributo che ad essa ha dato il Sud.
Molti, se non tutti, almeno una volta nella vita, hanno sentito parlare delle quattro giornate di Napoli, la Prima città in tutta l’Europa occupata, che riuscì a liberarsi dalle truppe naziste. Ma chi, anche qui da noi, in Puglia, ha sentito parlare degli episodi di resistenza militare contro le truppe tedesche? Quanti hanno sentito parlare delle stragi naziste avvenute nella nostra regione: quella di Valle Cannella, quella di Murgetta Rossi, quella dei trentaquattro civili, uomini, anziani, donne, bambini brutalmente ammazzati a Barletta?
E, quanti sanno dei partigiani e dei militari deportati nei lager nazisti, nati nelle nostre città. Molto del tempo perso si sta recuperando e buona parte delle verità taciute o addirittura negate stanno emergendo dalla nebbia dell’oblio grazie al lavoro prezioso svolto dal professor Vito Antonio Leuzzi e dagli altri ricercatori dell’Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea Tommaso Fiore di Bari. Sulla scia dell’IPSAIC di Bari si sono posti, con competenze ovviamente differenti ma con identica passione, privati cittadini che hanno faticosamente ricostruito pezzi di Storia che aprono inattese finestre su un complesso mosaico fatto di centinaia e centinaia di uomini e di donne che contribuirono alla liberazione dell’Italia, pagando spesso con la propria vita.
Per occuparci solo della nostra provincia, al momento si contano quasi duemila partigiani e internati militari. È un lavoro certamente ancora incompleto, ma che potrebbe ricevere un contributo importante da parte di chi custodisce, tra le memorie di famiglia, storie di parenti che tra il settembre 1943 e l’aprile 1945 combatterono per la libertà nelle formazioni partigiane del centro-nord (ma, anche, in quelle di altre nazioni europee) o che, deportati nei lager nazisti, scelsero di patire fame, freddo, stenti, rifiutando qualsiasi forma di collaborazione con la Repubblica fascista di Salò o con l’ex alleato tedesco.
Non è giusto dimenticare i volti, i nomi, ma soprattutto le storie dei partigiani nati a Trinitapoli come Cosimo Abbasciano, partigiano nell’Esercito Popolare Greco di Liberazione; Giovanni Battista Abbatepietro, partigiano combattente nelle Marche; Gioacchino Bonavitacola, ex carabiniere e partigiano nella 1a Divisione Giustizia e Libertà Brigata Val Gesso col nome di battaglia Gioacchino; Salvatore Ciliberti, nome di battaglia Roul, partigiano in Jugoslavia nell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo; Pietro De Blasi, partigiano della Divisione Garibaldi nell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo; Giacinto De Ceglie, ex caporale del 9° Reggimento Bersaglieri, nome di battaglia Foggia, partigiano nella 7a Divisione Giustizia e Libertà, Brigata Cattaneo; Francesco Dutoit, partigiano in Jugoslavia nella Divisione Italia; Pietro Giancaspro, nome di battaglia Folgore, partigiano in Piemonte nella 105a Brigata Pisacane.
Nicola Leone, nome di battaglia Piave, ex capitano dell’esercito a Savona, Comandante di Distaccamento della 3a Brigata Liguria, fucilato a Isoverde – Campomorone (Genova) l’8 aprile1944 (a cui è intitolata una via a Trinitapoli); Giuseppe Mancini, partigiano in Liguria; Michele Marino, catturato dai nazisti, deportato in un lager nazista e morto il 20 marzo 1945; Domenico Mastromatteo, nome di battaglia Gino, partigiano in Piemonte nella 8a Divisione Garibaldi,100a Brigata e nella 2a Divisione Autonoma Brigata Rocca Arazzo; Franco Montuori, partigiano nella Brigata Fratelli Fontano nell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo; Ludovico Piccoli, nome di battaglia Picco, partigiano nella 9a Divisione Giustizia e Libertà in Piemonte; Stefano Sicoli, ex caporal maggiore di Cavalleria, nome di battaglia Galoppo, partigiano nella 4a Brigata Garibaldi in Piemonte; Felice Suriano, partigiano nella Formazione Monterotondo nel Lazio; Gaetano Vincitorio, partigiano nella Divisione Garibaldi nell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo.
E non è giusto dimenticare gli antifascisti nati a Trinitapoli come Paolo Giuseppe Dacci, fu Andrea e di Benedetto Antonia, nato il 19 marzo 1881, residente a Foggia, coniugato con sette figli, guardiano privato, comunista, arrestato il 15 giugno 1930 per attività sovversiva volta alla ricostituzione del partito comunista nella provincia, assegnato al confino a Lipari per tre anni; Vincenzo Tangari di Giuseppe e di Sessi Anna, nato il 18 maggio 1890, residente a Napoli, coniugato con due figli, professore di lettere, antifascista, arrestato il 6 aprile 1942 perché sospettato di appartenere al movimento liberalsocialista promosso in Puglia dal professor Tommaso Fiore, assegnato al confino a San Bartolomeo in Gualdo per cinque anni.
Domenico Ungaro di Cesare e di Frascolla Angela, nato il 9 maggio 1906, coniugato con tre figli, bracciante, antifascista, arrestato l’11 marzo 1938 perché, conversando con alcuni compagni di lavoro in merito ad un possibile licenziamento dalla ditta dei non iscritti al PNF, pronunziò frasi offensive e violente nei confronti dei fascisti e del duce, assegnato al confino per anni uno a Cerchiara di Calabria. Questi sono gli uomini che vanno ricordati quando celebriamo, la sconfitta del nazifascismo, la nascita della Repubblica e della Costituzione.
Sì, perché è grazie a loro che ebbero fine il buio ventennio fascista, i crimini che lo accompagnarono, le violenze prevaricatrici, la privazione delle libertà delle persone e dei cittadini, la tragica avventura della guerra. Sono loro che ricorderemo sempre il 25 aprile, contrastando ogni velleitario e scomposto tentativo di svuotarlo del suo vero significato. In un prossimo articolo, racconteremo dei militari, nati a Trinitapoli, deportati come schiavi, che accettarono di restare nei tremendi lager nazisti, rifiutando ogni collaborazione con l’esercito di Hitler e con i suoi alleati fascisti di Salò.
ROBERTO TARANTINO