1. Cosa fa la Regione per favorire la partecipazione delle donne alla vita politica?
Sono diventata vicepresidente e assessore allo Sviluppo economico di una regione il cui presidente ha stabilito la necessità della parità tra donne e uomini in giunta. Con gli organismi di parità abbiamo proposto la legge per l’introduzione della doppia preferenza all’elezione del consiglio regionale e l’esclusione delle liste che non prevedano la parità di genere, perchè crediamo che l’economia e la politica abbiano bisogno delle competenze anche femminili.
2. Cosa pensa si possa fare per incrementare la presenza delle donne in politica?
Penso che l’incremento della presenza delle donne in politica dipenda soprattutto da una rivoluzione culturale non più rinviabile: è ora di uscire dal torpore. E’ il momento di far ripartire la rivoluzione rosa che sembrava essersi sopita. Una legge che garantisca il “50-50”, vale a dire metà uomini e metà donne nei partiti e nei consigli di amministrazione favorirà certamente l’incremento della presenza femminile in politica. Occorre, però, cercare di promuovere un cambiamento culturale che spinga le donne a uscire da paradigmi maschili già scritti, fondati sull’uso del corpo delle donne e sulla cancellazione della memoria collettiva femminile.
3. Che significato intende dare quest’anno alla Giornata internazionale della donna?
La Giornata Internazionale della donna è per me un momento di riflessione e di ripartenza. L’Italia dimostra troppo spesso di non essere un Paese per donne.
I dati parlano chiaro: soltanto il 29% delle giovani donne sono occupate, vale a dire solo una su tre. I coetanei maschi italiani che lavorano sono il 12% in più e il confronto con gli altri Paesi europei è addirittura imbarazzante: in Francia le giovani donne lavoratrici rappresentano il 45%, in Germania il 67%, in Olanda il 73%. Fuori dai circuiti occupazionali le donne hanno difficoltà a mantenere la propria professionalità, mentre all’interno di essi spesso spendono l’intero stipendio per pagare i servizi di cura dei propri figli perché i servizi per l’infanzia e gli incentivi per la conciliazione dei lavoratori con figli sono carenti. Si stima che in Italia manchino più di 121mila posti negli asili nido per portare l’attuale copertura dal 25% al 33%, secondo i parametri europei. Intendo anche evidenziare l’importanza di ripristinare la legge 188 contro le dimissioni in bianco, la cui cancellazione fu uno dei primi atti del governo Berlusconi.