Simone Oggionni (responsabile nazionale Cultura di ARTICOLO UNO, laureato in Storia, blogger di Huffington Post e autore di numerosi saggi) risponde allo “storico” Nicola di Feo.
[bt_quote style=”box” width=”0″]Un certo Simone Oggionni, assurge a professore e pensa di poter dare una lezione di storia all’assessore “de Lillo”. La polverosa lontananza del tempo rischia ora di assimilarli, ma Almirante e Berlinguer erano assai diversi e non solo per le ideologie. Almirante era il principe degli oratori, paroliere d’Italia, figlio del teatro e amante di Dante e d’Annunzio; Berlinguer era l’antioratore per eccellenza, sobrio, di scarso carisma, col suo “faticoso italiano”, come disse una volta Almirante. Giorgio eccedeva sul suo piccolo Msi, Enrico invece era sovrastato dal grande Pci. Almirante era ammirato e amato da tanti ma votato da pochi; Berlinguer al contrario fu amato e mitizzato da morto, ma votato da tanti, nel segno del Pci. Il picco dei voti lo ebbe da morto, quando il Pci sorpassò la Dc dopo il suo grandioso funerale, con Pertini nel ruolo di Prefica Presidenziale. Quindi bando alle chiacchiere e soprattutto quando si vuole assurgere a studioso non è consentito a nessuno schierarsi da una parte….un brutto segno di debolezza!!! Noi stiamo con la storia e i fatti.[/bt_quote]
Non si offenda il sig. Di Feo se sono costretto a correggerlo, oltre che in storia, anche in italiano. Lo devo fare perché questi, per valorizzare Almirante e svilire Berlinguer, utilizza il metro della retorica e della cura della lingua. Scrive infatti il sig. Di Feo, in sostanza, che il primo è superiore al secondo perché “paroliere d’Italia, principe degli oratori, amante di Dante e d’Annunzio” e quant’altro. Mentre il secondo sarebbe stato, con il suo “faticoso italiano”, di “scarso carisma”. Non rilevano i meriti politici di Berlinguer, la sua lotta per la democrazia e per i lavoratori, per cercare e trovare una strada di sviluppo e giustizia sociale nei quarant’anni che seguono la fine della dittatura fascista. E, di contro, non rilevano agli occhi del sig. Di Feo le ignobili responsabilità di Almirante prima nella Repubblica sociale e poi vicino all’estremismo golpista neo-fascista, il suo essere stato fucinatore di partigiani e redattore del giornale antisemita “La difesa della razza”. Conta il fatto che Almirante parlasse bene e Berlinguer, a detta del giudizio del sig. Di Feo, male. Lo devo correggere in italiano – dicevo – perché tra soggetto e verbo non si mette la virgola e di Feo lo fa, proprio nella prima riga del post che mi ha dedicato: a me lo hanno insegnato forse in seconda elementare e sono convinto che anche Almirante sarebbe stato contrariato di fronte al mancato rispetto di una delle regole di base della sintassi italiana. Al di là di questo, mi incuriosisce la concezione della storia che il sig. Di Feo manifesta, laddove scrive che lo statuto dello storico è incompatibile con il prendere parte. Non so onestamente dove egli abbia letto una cosa del genere.
L’unico patto che lo storico deve fare con i suoi lettori sta nella correttezza rigorosa e nel rispetto scrupoloso delle fonti, le quali garantiscono – se correttamente utilizzate – la verità del ragionamento che si propone. Da Tucidide a Marc Bloch, per intenderci, l’hanno pensata tutti così. Una volta garantito e rispettato questo patto, cioè rispettate le fonti, chi scrive di storia, chi la insegna, chi si occupa di ricerca, chi la studia, ha il diritto di esprimere un punto di vista, una posizione, un’opinione. Vale persino per chi ne parla senza avere mai frequentato un archivio, figuriamoci se non vale per gli storici. Altro che debolezza, come scrive il sig. Di Feo. E’ la forza infinita della storia, che va indagata, spiegata, sviscerata non in nome di una neutralità che non esiste ma in nome del rispetto sacrale che si deve ai fatti e alla loro dinamicità, al rapporto che lega tramite essi le nostri radici con il presente e dunque con la vita di ciascuno di noi e la nostra identità collettiva. Per questo occorre avere cura dei fatti, della loro verità e della nostra storia.
Simone Oggionni
responsabile nazionale Cultura Articolo Uno